Amianto, che c'è da sapere?
lo stato dell'arte sul problema amianto.L’amianto è un termine normalmente utilizzato per indicare sostanze di natura minerale a base di silicio, in grado di formare fibrille molto flessibili, resistenti al calore, fonoassorbenti e chimicamente inerti. Viene estratto da cave o miniere in seguito alla frantumazione della roccia madre nella quale è contenuto.
Il nome deriva dal greco “amiantos” letteralmente incorruttibile, inattaccabile ed inestinguibile.
L’amianto (noto anche come asbesto, dal greco asbestos), opportunamente preparato, fornisce fibre utilizzate per essere filate e resistenti al calore, con sufficiente flessibilità, rigidità dielettrica e resistenza chimica, caratteristiche tecniche che ne hanno determinato il successo commerciale.
Difatti l’amianto, fino al recente passato, è stato utilizzato per le sue proprietà isolanti, sia nelle coibentazioni, che in materiali compositi, quali il cemento-amianto.
FOCUS
Secondo la Normativa (Decreto Legislativo 25 luglio 2006, n. 257 e s.m.i.) , con il termine generico di “amianto”, si individuano, attualmente, sei differenti minerali silicati fibrosi, sfruttati commercialmente ed afferenti, di preciso, a due differenti Gruppi di minerali:
· · il Gruppo dei Fillosilicati, Serie Mineralogica del Serpentino (silicati di magnesio) in cui rientra il Crisotilo, il più utilizzato a livello mondiale;
· il Gruppo degli Inosilicati, Serie Mineralogica degli Anfiboli (silicati di calcio e magnesio) in cui rientrano i restanti cinque ovverosia Amosite, Crocidolite, Tremolite, Antofillite ed Actinolite:
Crisotilo o “amianto bianco o grigio” – CAS No 12001-29-5 (12), Serie del Serpentino – Mg3Si2O5(OH)4
Actinolite – CAS No 77536-66-4 (9), Serie degli Anfiboli – Ca2(Mg, Fe)5Si8O22(OH)2
Amosite (nome commerciale dei minerali Grunerite e Cummingtonite) – CAS No k.m12172-73-5 (10), Serie degli Anfiboli – (Mg, Fe)7Si8O22(OH)2
Antofillite – CAS No 77536-67-5 (11), Serie degli Anfiboli – (Mg, Fe)7Si8O22(OH)2
Crocidolite o “amianto blu” (varietà fibrosa del minerale Riebeckite) – CAS No 12001-28-4 (13), Serie degli Anfiboli – Na2Fe2+3Fe3+2Si8O22(OH)2
Tremolite – CAS No 77536-68-6 (14), Serie degli Anfiboli – Ca2Mg5Si8O22(OH)2
Amianto. Qual è il problema?
Le fibre e le polveri, se inalate, sono fortemente cancerogene per l’uomo. Infatti, già a partire dagli anni ’60, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ha riconosciuto la pericolosità di tali fibre, e tutti i sopracitati minerali di Amianto sono stati riconosciuti dannosi per la salute dell’uomo e per l’ambiente.
Nella Monografia IARC del 1977, viene descritto che prove epidemiologiche hanno mostrato un’alta incidenza di cancro ai polmoni (Mesotelioma) tra i lavoratori esposti al crisotilo, amosite, antofillite e con fibre miste contenenti crocidolite e tremolite, inoltre la monografia sottolinea come il cancro può verificarsi anche tra gli individui che vivono nei quartieri in cui sono collocate le fabbriche di lavorazione o di estrazione dell’amianto (IARC, 2012). Difatti, la via inalatoria e quella orale sono state indicate dall’Agenzia come vie principali di esposizione dell’uomo all’amianto (IARC, 2012).
L’amianto è stato conseguentemente classificato nel Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele come sostanza cancerogena di I categoria con i codici R45 T (Tossico: può provocare il cancro) ed R48/23 (Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di esposizione prolungata per inalazione).
Numero della sostanza | Dati di identificazione internazionale | Numero CE | Numero CAS | Classificazione | Etichettatura | Limiti di concentrazione | Note |
650-013-00-6 | asbestos | — | 12001-28-4 | Carc. Cat. 1; R45 | T | E | |
— | 132207-32-0 | T; R48/23 | R: 45-48/23 S: 53-45 | ||||
— | 12172-73-5 | ||||||
— | 77536-66-4 | ||||||
— | 77536-68-6 | ||||||
— | 77536-67-5 | ||||||
— | 12001-29-5 |
L’utilizzo di tale materiale è oggi proibito in Italia dalla Legge nº 257/1992 nota come “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Tale norma ne vieta la produzione, impiego e commercializzazione in tutte le forme ed impone in caso di rimozione e smaltimento particolari precauzioni, perché è ormai certo che il rischio di esposizione non interessa solo i lavoratori che operano sui materiali contenenti amianto, ma anche le persone che risiedono o frequentano ambienti in cui è presente in qualsivoglia forma amianto.
La pericolosità dei materiali di amianto dipende dall’eventualità che siano presenti fibre aerodisperse in ambiente che possono essere inalate da persone. In tal senso l’elemento importante da valutare è la friabilità dei materiali; i materiali friabili possono liberare fibre spontaneamente, soprattutto in caso di deterioramento e possono facilmente subire danneggiamenti in caso di manutenzione oppure da parte di eventuali occupanti se presenti in zone accessibili.
Successivamente il quadro normativo in materia, si è notevolmente ampliato ed evoluto con una serie di disposizioni legislative sia nazionali che regionali, che spesso hanno recepito anche le direttive europee ed adottato le misure conseguenti sia per la tutela dei lavoratori del settore che per gli ambienti di lavoro, rendendo però la normativa particolarmente frammentata.
Amianto. Quanto ce n’è
Secondo lo studio “Salute e sviluppo: il caso dell’amianto nei Paesi in via di sviluppo” condotto dall’Istituto Superiore di Sanità durante il XX secolo e fino al 1975 l’amianto veniva principalmente prodotto e consumato nei Paesi industrializzati ed i due principali centri di produzione erano il Canada e l’ex Unione Sovietica. Questi due centri di produzione hanno prodotto il 75% della produzione mondiale nel secolo scorso. Il Canada è stato il maggior produttore di amianto nel mondo fino agli anni ’70, mentre la Russia è stata per 50 anni circa, dalla prima guerra mondiale sino al 1975, il secondo produttore di amianto nel mondo. Negli anni successivi ha sorpassato il Canada, ponendosi al primo posto tra i produttori di amianto nel mondo.
Altri Paesi industrializzati hanno contribuito, seppure in modo minore, alla produzione mondiale di amianto. Nel secolo scorso gli Stati Uniti e l’Italia hanno prodotto ciascuno il 2% circa della produzione mondiale. Grecia e Australia hanno prodotto congiuntamente l’1% della produzione mondiale.
La produzione mondiale di amianto ha raggiunto il suo massimo nel 1977 facendo registrare il picco di circa 4.800.000 tonnellate, alla quale contribuirono 25 Paesi nel mondo, mentre l’industria manifatturiera di prodotti contenenti amianto era distribuita in 85 Paesi. Nei decenni successivi la produzione mondiale si è ridotta e nel 2000 è stata di 2.070.000 tonnellate. Dal 2000 al 2003 è stato registrato un nuovo, seppur modesto, aumento: 2.150.000 tonnellate di produzione mondiale di amianto nel 2003. Il tipo di amianto estratto su larga scala è stato nel secolo scorso ed è ancora oggi l’amianto crisotilo: esso raggiunge attualmente circa il 99% della produzione mondiale di amianto. Piccole quantità di tremolite sono estratte in India e in pochi altri Paesi, ma la produzione è molto limitata. La produzione commerciale della crocidolite e dell’amosite è terminata circa dieci anni fa in Sud Africa.
L’Italia è stata fino alla fine degli anni ’80 il secondo maggiore produttore europeo di amianto in fibra dopo l’Unione Sovietica ed il maggiore della Comunità Europea.
- Canada e Russia 75%
- Stati Uniti e Italia 4%
Dal dopoguerra al bando del 1992 sono state prodotte 3.748.550 tonnellate di amianto grezzo.
Le importazioni sono state di 1.900.885 e le esportazioni di 1.475.416 tonnellate. Il periodo tra il 1976 ed il 1980 è quello di picco nei livelli di produzione con più di 160.000 tonnellate/anno prodotte.
Fino al 1987 la produzione non è mai scesa sotto le 100.000 tonnellate/anno, per poi decrescere rapidamente ed azzerarsi a partire dal 1992.
L’Italia è stata uno dei maggiori produttori ed utilizzatori di amianto fino alla fine degli anni ’80.
Dal secondo dopoguerra fino a quando ne è stato bandito definitivamente l’uso, nel 1992, sono state prodotte quasi 4 milioni di tonnellate di amianto grezzo.
Il periodo tra il 1976 ed il 1980, secondo quanto afferma l’INAIL, è quello di picco nei livelli di produzione con più di 160.000 tonnellate/anno prodotte.
Fino al 1987 la produzione non è mai scesa sotto le 100.000 tonnellate/anno, per poi decrescere rapidamente fino all’inizio del processo di messa al bando.
A seguito del divieto assoluto di produzione e commercializzazione, nonché importazione è sorto il problema circa il destino di tutti i MCA (Materiali Contenenti Amianto). Le Regioni a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 8 agosto 1994 hanno dovuto redigere i Piani Regionali Amianto, secondo quanto previsto dalla Legge 257 entro 180 giorni, al fine di censire e rimuovere e smaltire gli MCA.
Diagramma di flusso per la definizione delle classi di priorità.
Ad oggi solo 13 Regioni su 15 hanno provveduto a realizzare il piano e solo 6 Regioni (40%) hanno effettuato il censimento, mentre solo 7 amministrazioni hanno provveduto a realizzare la mappatura (Legambiente, 2018).
Ad oggi, seppure risulta un dato parziale, sono state censite sul territorio nazionale 370.000 strutture che hanno circa 58.000.000 di m2 di coperture in cemento amianto.
Tale dato è però destinato a crescere considerato che le operazioni di censimento sono ancora in corso; rispetto all’anno 2015, ben 62% in più delle strutture sono state censite ed è emerso un incremento delle superfici di cemento amianto pari a +469%.
La mappatura allo stesso modo procede in diverse Regioni ma non è stata completata. Secondo quanto riportato nella banca dati del ministero dell’Ambiente ai sensi del D.M. n. 101 del 18 marzo 2003 ad oggi sono stati censiti 86.000 al 2016 di cui sono stati bonificati 7669 siti e parzialmente bonificati 1778 (MATTM, 2017).
La nuova mappa dei siti contaminati da amianto | Wired.it
Amianto. Quali sono le soluzioni?
Considerando che la rimozione è la tecnica più utilizzata, si pone il problema della successiva gestione dei materiali contenenti amianto (MCA). Il conferimento in discariche autorizzate è la tecnica maggiormente utilizzata, pur non essendo una soluzione definitiva al problema: peraltro, il percolato può contenere agenti acidificanti/corrosivi in grado di dissolvere parzialmente le fibre e ridisperderle nell’ambiente. A tal proposito, si cita la Risoluzione del Parlamento Europeo 2012/2065(INI) del 14 marzo 2013 (“Minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all’amianto e prospettive di eliminazione di tutto l’amianto esistente”): “ considerando che il conferimento dei rifiuti di amianto in discarica non sembrerebbe il sistema più sicuro per eliminare definitivamente il rilascio di fibre di amianto nell’ambiente (in particolare nell’aria e nelle acque di falda) e che pertanto risulterebbe di gran lunga preferibile optare per impianti di inertizzazione dell’amianto”.
In accordo con la normativa vigente (MATTM 2004), i trattamenti condotti sul MCA a valle della fase di rimozione possono essere suddivisi in due categorie, in base all’effetto sul materiale:
- Stabilizzazione (ovvero ovvero i trattamenti che hanno lo scopo di ridurre il rilascio di fibre)
- Inertizzazione (ovvero i trattamenti che comportano una totale trasformazione cristallochimica delle fibre).
Relativamente alla prima categoria si ottiene una riduzione della pericolosità del materiale, non intervenendo affatto sulla modifica della struttura cristallina od agendo parzialmente su di essa.
Sono riconducibili a questa categoria i trattamenti di stabilizzazione o solidificazione in matrice organica od inorganica, stabile e non reattiva (a freddo), l’incapsulamento e la modifica parziale della struttura cristallochimica. Queste modifiche parziali del materiale comportano che siano, tuttavia, ancora presenti le sue componenti pericolose e che possano eventualmente essere disperse nell’ambiente nel breve, medio o lungo periodo. La destinazione per questo tipo di rifiuti rimane, pertanto, ancora la discarica.
I trattamenti della seconda categoria sono, invece, quelli con lo scopo di modificare completamente la struttura cristallochimica dell’amianto annullandone, in tal modo, la pericolosità e risultano molto interessanti da un punto di vista ambientale. I prodotti ottenuti possono, infatti, essere considerati come una nuova materia prima e pertanto sono destinati al riciclo, a condizione che rispettino precise prescrizioni. Attraverso questo seconda tipologia di trattamenti l’amianto perde il proprio abito fibroso divenendo innocuo ed “inerte” e classificabile come “materia prima seconda”, trasformandosi, in tal modo, da problema a risorsa.
L’insieme delle possibili opzioni di gestione dei MCA appena descritto è riportato nella Figura seguente,
Amianto. Dove si smaltisce oggi?
I Rifiuti Contenenti Amianto (RCA), classificati secondo le indicazioni cui sopra è stato descritto, in Italia possono essere smaltiti in discariche (secondo le modalità indicate dai D.Lgs. 36/2003 (Allegato I)), D.M. 27/09/2010 (Allegato II) o avviati a recupero (secondo le modalità indicate dal D.M. 248/2004 (Allegato III)).
Nello specifico la normativa prevede che i rifiuti di amianto o contenenti amianto possano essere conferiti a smaltimento definitivo in discarica:
- a) per rifiuti pericolosi, dedicata o dotata di cella dedicata;
- b) per rifiuti non pericolosi, dedicata o dotata di cella monodedicata:
– per i rifiuti individuati dal codice dell’elenco europeo dei rifiuti 17.06.05*;
– per le altre tipologie di rifiuti contenenti amianto, purché sottoposti a processi di trattamento ai sensi di quanto previsto dal D.M. nº 248 del 29 Luglio 2004 e con valori conformi alla Tabella 1 di detto decreto, sotto riportata, verificati con periodicità stabilita dall’Autorità competente presso l’impianto di trattamento.
Parametro | Valori |
Contenuto di amianto (% in peso) | < 30 |
Densità apparente (g/cm3 ) | > 2 |
Densità relativa (%) | > 50 |
Indice di rilascio (I.R.) | < 0,6 |
Criteri di ammissibilità a discariche per rifiuti non pericolosi dei rifiuti contenenti amianto trattati (D.M. 248/2004).
Le celle devono essere coltivate ricorrendo a sistemi che prevedano la realizzazione di settori o trincee. Devono essere spaziate in modo da consentire il passaggio degli automezzi senza causare la frantumazione dei rifiuti contenenti amianto. Per evitare la dispersione di fibre, la zona di deposito deve essere coperta con materiale appropriato, quotidianamente e prima di ogni operazione di compattamento e, se i rifiuti non sono imballati, deve essere regolarmente irrigata. I materiali impiegati per copertura giornaliera devono avere consistenza plastica, in modo da adattarsi alla forma e ai volumi dei materiali da ricoprire e da costituire un’adeguata protezione contro la dispersione di fibre, con uno strato di terreno di almeno 20 cm di spessore.
Nonostante sia consentito un trattamento dei Rifiuti Contenenti Amianto (RCA) che permette la loro inertizzazione, dunque una modifica della natura cristallochimica ( D.M. 248/2004 (Allegato III)), ed eventualmente il loro recupero, ad oggi la destinazione ultima degli RCA (Rifiuti Contenenti Amianto) è solamente la discarica.
Oggi i rifiuti contenenti amianto sono destinati (RCA) in parte in discariche italiane e un’altra buona parte in discariche situate in Germania.
Nell’annualità 2015, 369.000 tonnellate di RCA sono state prodotte dalle attività di smaltimento, di cui 277.000 tonnellate sono state portate nelle 21 discariche attive nel 2015, mentre 145.000 tonnellate sono state esportate in Germania, in particolare i rifiuti vengono destinati alle miniere di sale del Paese; la miniera salina di Stetten, una delle più produttive, è autorizzata a ricevere 250 tipologie di rifiuti, utilizzate per la messa in sicurezza delle cavità che si generano a seguito dell’attività estrattiva (ISPRA,2018).
Riguardo invece l’annualità 2016, il numero delle discariche è rimasto invariato, mentre il numero di RCA è cresciuto del 1,8% rispetto al 2015, in quanto sono state prodotte circa 231.000 tonnellate di RCA. La quota prevalente è costituita dai rifiuti da materiali da costruzione contenenti amianto (Codice EER 170605*) che, nel 2016, rappresentano il 94,6% del totale smaltito in discarica;mentre il restante 5,4% è costituito delle altre tipologie di rifiuti contenenti amianto (Codice EER: 160111*, 160212*, e 170601*) (ISPRA,2018).
I rifiuti smaltiti fuori l’Italia ammontano invece a 125.000 tonnellate di cui circa 118.000 costituite da materiali da costruzione contenenti amianto (CER 170605) (ISPRA,2018).
Quali problemi per lo smaltimento in discarica?
Il materiale che viene posto in discarica, a differenza del processo di inertizzazione, può essere stabilizzato ma non ne viene modificata la sua struttura cristallochimica, dunque l’amianto presente rimane nell’ambiente benchè risulti confinato.
Il processo di inertizzazione consente di trasformare il l’amianto in materiale inerte tale da non rilasciare più nessuna fibra in ambiente, diversamente nelle discariche possono verificarsi fenomeni di rilascio di fibre in ambiente, e dunque un incremento del rischio di contaminazione, questo può accadere in quanto l’imballaggio può lacerarsi per decadimento strutturale e rilasciare un numero notevole di fibre nei percolati.
Tale processo è dimostrato da quanto emerso dalle analisi effettuate su percolati della discarica di Barricalla S.p.A. di Torino, in cui sono rinvenuti nei percolati quantità di fibre pari a 1,08±0.08 MFL (milioni di fibre litro) in un lotto analizzato e pari a 0.8±0.1 C[MFL] in un altro (Paglietti et al, 2005).
Inoltre, occorre considerare che le discariche possono subire fessurazioni per essiccamento o cedimenti differenziali che generano la formazioni di discontinuità che potrebbero far passare il lisciviato fino a generare contaminazioni del suolo o delle acque (Conte et al, 2013)
Dunque, effettuando l’inertizzazione di tali RCA non saranno prodotti percolati che potrebbero potenzialmente contaminare il suolo e le acque, ed inoltre non dovranno essere smaltiti ulteriori quantitativi di percolato contaminato rispetto a quanto già effettuato allo stato odierno.